Santa Maria Capua Vetere? “Ripristinata la legalità”

Ieri alla Camera la risposta all’interpellanza di Riccardo Magi (+Europa). Il sottosegretario Ferraresi: “A oggi nessuna iniziativa disciplinare, il Dap aspetta il fascicolo dalla procura”. Gli agenti coinvolti restano al proprio posto. Finalmente nella seduta di ieri mattina della Camera è arrivata la prima parziale risposta ufficiale del Governo sugli episodi di inaudita violenza che si sono verificati lo scorso 6 aprile nel carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere.

Il sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi del Movimento Cinque Stelle ha risposto infatti ad una interpellanza urgente presentata lo scorso 12 ottobre da Riccardo Magi (Radicali Italiani, +Europa). L’onorevole Magi ha interrogato il Ministro Bonadefe per sapere se fosse informato, insieme al Dap, della perquisizione che si è svolta quel giorno nel carcere campano e se siano in corso indagini interne.

Secondo quanto riportato, infatti, da alcuni articoli del Domani e del Riformista, si sarebbero consumati, scrive Magi, “episodi di inaudita violenza; calci, pugni, manganellate e abusi di ogni tipo, perfino su un detenuto disabile; le testimonianze e le denunce dei detenuti sarebbero ora confermate dai video agli atti dell’inchiesta, che mostrerebbero immagini di reclusi inginocchiati, trascinati e picchiati da più poliziotti contemporaneamente; la “spedizione punitiva” seguiva le proteste per la gestione dell’emergenza Covid-19 scoppiate all’inizio di marzo 2020, contestualmente in numerosi istituti penitenziari in tutta Italia, e il 5 aprile 2020, alla notizia del primo detenuto positivo nel carcere campano, ha coinvolto circa 150 detenuti; il 6 aprile 2020 i detenuti ottengono un colloquio con il magistrato di sorveglianza Marco Puglia; il pomeriggio stesso, arriva un contingente di 300 agenti penitenziari provenienti dall’esterno per una “perquisizione straordinaria” che darà luogo agli episodi di violenza riportati sopra; molti degli agenti avevano il volto coperto dal casco, da foulard o mascherine, rendendone difficile l’identificazione dai video”.

L’onorevole Ferraresi ha fornito una ricostruzione ovviamente parziale dei fatti, in quanto c’è in corso una inchiesta penale aperta dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Diversi sono gli aspetti a nostro avviso di rilievo della risposta di Ferraresi: il primo riguarda una possibile mancanza di interlocuzione tra il Ministero e la Procura, perché il sottosegretario scrive: “Con nota dell’8 luglio, la componente direzione generale del personale e delle risorse del Dap ha chiesto alla direzione dell’istituto di acquisire presso la competente A.G. copia integrale degli avvisi di garanzia a carico del personale di polizia penitenziaria coinvolto, al fine di conoscere le contestazioni.

In assenza di riscontro, con nota del 28 settembre 2020, la competente direzione generale del personale e delle risorse ha chiesto direttamente alla Procura della Repubblica copia integrale degli avvisi di garanzia, evidenziando che la richiesta costituisce elemento indispensabile ai fini di ogni determinazione da parte di questa amministrazione. Anche per tale ragione, allo stato, non risulta intrapresa alcuna iniziativa sia di natura cautelare sia disciplinare a carico del personale coinvolto”. Quindi dobbiamo aspettare la Procura affinché il Ministero e il Dap possano intraprendere un’azione ispettiva?

Intanto da quello che abbiamo appreso, gli agenti coinvolti restano al loro posto. Sempre nella risposta c’è scritto che “unitamente al Capo Dipartimento anche il Ministro ha avuto cura di telefonare ad altri operatori del Corpo rimasti feriti”. Non ci risultano però messaggi di solidarietà o di vicinanza ai detenuti feriti. L’altro punto degno di attenzione è che Ferraresi scrive che il giorno seguente al 5 aprile, quando cioè “i detenuti allocati presso il reparto Nilo inscenavano una violenta manifestazione di protesta” dopo aver saputo dei contagi nel padiglione Tamigi, il 6 aprile, a “protesta rientrata” nella tarda serata del 5, “è stata disposta l’esecuzione di una perquisizione straordinaria all’interno del reparto Nilo. Si è trattato di una doverosa azione di ripristino della legalità e agibilità dell’intero reparto, alla quale ha concorso, oltre che il personale dell’istituto, anche un’aliquota di personale del gruppo di supporto agli interventi”.

E allora sorgono altre due domande: perché nella ricostruzione ministeriale non viene citato il colloquio avuto la mattina del 6 aprile tra i detenuti e il magistrato di sorveglianza Puglia che, da quanto sappiamo, ha girato senza essere scortato, quindi in una situazione possiamo pensare di tranquillità? E poi, se la manifestazione di protesta era rientrata progressivamente nella tarda serata del 5, qual è il senso di una perquisizione con centinaia di agenti anche esterni? Raccontata così la vicenda, si rafforzano i dubbi che il ‘ripristino della legalità’ si sia davvero trasformato in una spedizione punitiva. Ma questo ce lo dirà l’eventuale processo.

Fonte: di Angela Stella/ Il Riformista, 17 ottobre 2020