Donne nel mirino: diminuiscono i casi di omicidio nel lockdown, ma aumentano i femminicidi

 Parabola inversa per le richieste di aiuto telefoniche, aumentate durante l’isolamento. L’Italia è ancora il Paese in cui si compiono 51 femminicidi in pochi mesi (dato in crescita rispetto al 2019)

 La pandemia fa decrescere il numero dei reati, ma non quando le vittime sono donne. Non sempre, almeno. Il terzo report dell’“organismo permanente di monitoraggio e analisi” analizza il flusso dei delitti e il loro rapporto con la pandemia da Covid-19. Nel terzo capitolo si sofferma sul fenomeno delle violenze di genere confrontando il numero dei reati dei cinque mesi che vanno dal primo marzo a 31 luglio 2020 – quindi include sia il lockdown che l’allentamento delle restrizioni – con lo stesso periodo del 2019. L’analisi riguarda innanzitutto i “reati spia”: atti persecutori, maltrattamenti contro i familiari e i conviventi, ai quali aggiunge la violenza sessuale.

“Nei mesi di marzo e aprile 2020, con l’inizio del lockdown” si legge nel rapporto “appare evidente come l’andamento dei reati connessi abbia subìto una generale flessione rispetto agli analoghi periodi del 2019”. Il dato complessivo passa infatti da 3.319 a 2.417 e da 3.125 a 2.417.

“Nei mesi successivi, in corrispondenza del progressivo allentamento delle misure restrittive” si legge nel rapporto “si assiste a un incremento con un picco a maggio 2020”. Il dato si fa ancora più interessante se consideriamo che le cifre di maggio 2020 superano quelle del 2019 passando da 3.280 a 3.363.

Fa davvero impressione sapere che ogni giorno, nello scorso mese di maggio, ci sono state in media 180 denunce contro le 105 dell’anno precedente. Il totale di reati da marzo a luglio 2020 è stato di 14.913 a fronte dei 17.174 del 2019: 2.261 casi in meno dovuti alla flessione che si è registrata nei mesi di lockdown.

Il report – che analizza la tendenza media dell’andamento per ogni singolo reato – stima in 7.983 i casi di maltrattamenti contro familiari e conviventi tra marzo e luglio 2020. Nello stesso periodo del 2019 si attestano a 8.810. Gli atti persecutori passano dai 6.978 del 2019 ai 5.480 del 2020. Passiamo infine alle violenze sessuali. Il dato del 2019 è pari a 2.086 casi che diventano 1.450 nel 2020. La media mensile dimostra che dopo la flessione tra marzo e aprile (rispettivamente 171 e 153 casi nel 2020 contro i 401 e 334 del 2019) le cifre tornano a impennarsi da maggio in poi con una media che si riallinea proprio a luglio (481 casi nel 2020 e 506 nel 2019).

Le stime del raffronto – in attesa dei dati consolidati del 2020, per un confronto su base annua – in questo momento dimostrano quindi che le segnalazioni di reato sono diminuite durante il lockdown per tornare in aumento nei mesi successivi. Parabola inversa per le richieste di aiuto pervenute alle cosiddette “helplines” (linee di aiuto) come nel caso del numero 1522 attivo dal 2006 al Dipartimento per le Pari Opportunità. “Le richieste di aiuto alle helplines – si legge nel rapporto – aumentano nel periodo di lockdown e si riducono in quello successivo”.

Dal 22 marzo 2020 si è registrato un incremento delle chiamate non paragonabile all’andamento degli anni precedenti. Il report evidenzia che 8 chiamate di richieste di aiuto su 10 pervengono dalle 9 alle 20. E si tratta di un dato costante. In pieno lockdown, tra marzo e aprile, aumentano però le telefonate ricevute di notte o alle prime ore del mattino: le chiamate tra le 21 e le 5 della mattina sono aumentate del 7,4% rispetto allo stesso periodo del 2019.

“La maggior parte delle chiamate – si legge nel documento – viene effettuata da chi chiede aiuto in prima persona come vittima di violenza o di stalking, ma cresce anche il numero di coloro che si rivolgono al numero di emergenza per chiedere informazioni, in particolare si tratta di operatori di servizi pubblici, a volte parenti o amici”. Nel 96,3% dei casi si tratta di donne, di tutte le età e di ogni fascia sociale. E ancora: il 48,5 % delle vittime dichiara di essere coniugata mentre il 32,3% è single. “Le vittime di violenza” spiega il rapporto “durante la chiamata rilasciano, quando possibile, informazioni sull’autore che, nel 92,4% dei casi, è un uomo. Dal racconto delle vittime emerge che la maggior parte di esse non denuncia la violenza subìta, proprio perché consumata per lo più all’interno di contesti familiari. Il 58,2% dichiara di aver figli, di cui il 57,2% minori. In 9 casi su 10 i minori hanno assistito alla violenza e, nel 16,7% dei casi, l’hanno anche subìta”.

La generale diminuzione nell’anno in corso dei reati di omicidio (- 22%) non comporta un corrispondente decremento delle vittime di genere femminile che rimangono sostanzialmente invariate (da 51 a 50) ma in leggero aumento: in Italia vengono quindi ammazzate sempre più donne. Il dato, ulteriormente analizzato, dimostra che “l’incidenza delle vittime di sesso femminile sia passata dal 68 per cento del 2019 al 75% del 2020”.

Fonte: e.reguitti@ilfattoquotidiano.it