La filosofia dell’accattonaggio

(di Stelio W. Venceslai)

 A Roma si discute sul sesso degli angeli mentre il Paese muore. Nell’areopago dei saggi si discetta sulle ipotesi di rito: riforma dei contributi, riforma fiscale, riforma degli appalti, lotta all’evasione. Tutti vogliono trovare la quadratura del cerchio per il futuro del Paese. Sono storie vecchie, fritte e rifritte, che sentiamo non da ieri, ma da anni se non da decenni.

            La parola d’ordine è: rilancio. A furia di rilanciare, la politica nostrana è come il cane da riporto: prende il piattello e lo riporta indietro. Poi ricomincia al nuovo lancio del piattello. In verità, cosa si dovrebbe fare lo sanno tutti, anche l’ultimo degli accattoni. Il vero problema è che si dovranno amministrare miliardi. Per amministrarli non si faranno le elezioni, perché amministrare è potere ma non sono in grado di farlo. Troppo incapaci. Per questo cercano lumi.

            In cambio, si fa la filosofia dell’accattonaggio cercando di salvare un po’ di dignità: non il MES se condizionato, possiamo farcela da soli, e intanto il debito pubblico sale di altri 50 miliardi.

            Fuori, ci sono fatti che forse i nostri governanti considerano in questa settimana meno importanti, piccole cose trascurabili come un milione di persone che aspetta i soldi promessi che non arrivano, il 57% delle imprese che non ha liquidità per i prossimi dodici mesi, un milione di cassintegrati che aspettano ancora l’assegno di sopravvivenza, quasi tre milioni di disoccupati. Bazzecole per i filosofi dell’accattonaggio, il nostro contributo all’unità europea.

            Questione Atlantia: che si fa? Dopo un anno ancora non si sa se conviene far finta di niente oppure revocare la concessione. I morti del ponte di Genova sono come quelli di Ustica, non hanno più importanza.

            Questione ex ILVA di Taranto: da trent’anni ogni governo elude il problema. O s’investe per cambiare gli altiforni o si smette di uccidere la gente che lavora agli altiforni e d’inquinare massicciamente un’intera città che non se lo merita. Per eludere il problema si è cercato di vendere a chi era interessato a chiudere le acciaierie per avere un concorrente di meno. Ma neanche quest’operazione è riuscita. Chiacchiere inutili, danni enormi, un fallimento totale.

            Questione Alitalia:  la società economicamente è fallita da un pezzo. Si regge con i soldi dello Stato. Ogni sei mesi batte a cassa e noi paghiamo. Ha senso comune questa situazione che va avanti da sei o sette anni? No, decisamente no. Ogni governo si è inventato un Presidente, un Commissario, tre Commissari, magari un Dittatore, ma l’Alitalia non tira e, a venderla, nessuno la vuole. Che dobbiamo fare, ingoiarla a vita?

            Anche queste sono bazzecole. Non se ne parla al grande convegno di Villa Pamphili. Sono cose di cucina modesta, i nostri politici pensano alla grande cucina, quella degli chef stellati.

            Purtroppo, chi ci governa non ha mai lavorato neppure un giorno. Non solo non sono chef di quarta categoria, ma non sanno neppure cucinare, non sanno lavorare, non hanno studiato e quel che hanno studiato non l’hanno capito. È una classe dirigente pessima, incolta e cialtrona, arrivisti, calati su poltrone da cui non schiodano, interessati solo a restarvi incollati in nome del popolo bue che li ha eletti.

            Il Paese è nelle mani del nulla e se la dovrà cavare da sé, se potrà farcela.

            In questo momento, un momento tragico della nostra storia, tutte le manchevolezze escono alla luce: le impotenze dei sindaci, le difficoltà dei governatori, il collasso delle istituzioni, a cominciare dalla Magistratura, la difficoltà di concepire una politica qualunque.

            In Libia, a due passi da noi, Russia e Turchia si stanno spartendo le risorse di quel Paese disgraziato, diviso fra due regimi fantoccio. Noi non ci siamo. Siamo fuori.

            Abbiamo un Ministro degli Esteri superfluo nella sua accattivante ignoranza. Aveva ragione Metternich, quasi due secoli fa, quando diceva che l’Italia era solo un‘espressione geografica. Siamo importanti solo per raccogliere i profughi dalla Libia. Al resto, quattrini, armi, petrolio, influenza politico-strategica, ci pensano gli altri. I Turchi e i Russi!

            In altri tempi avremmo mandato una squadra navale a Tripoli, tanto per far capire a Turchi e a Russi che il Mediterraneo è anche roba nostra, non solo per raccogliere  immigranti.

            Se ne parlerà a Villa Pamphili di questo pauroso scacco della nostra politica estera? No, forse è più facile che nei corridoi si parlino dei 3.5 milioni di dollari che, sembra, il defunto Chavez, ex Presidente venezuelano, avrebbe elargito al Movimento 5Stelle, a suo tempo. Se si tratta di uno scandalo, tutti ci mettono le mani, perché di scandali ne capiscono, di politica estera, invece, no. È un altro affare, forse, misterioso.

            La vera questione non è che abbiamo un cattivo governo, perché non è cattivo. È pessimo. Ma non credo che un altro governo farebbe meglio, anche se fosse di centro-destra. Non ci dobbiamo illudere. Vengono tutti dallo stesso sacco: arroganza, incapacità e incompetenza.

Roma, 16/06/2020