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MENTRE IN ITALIA SI PALLEGGIANO LA DECISIONE IN ISRAELE GIA’ ESISTE “IMMUNI”
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MENTRE IN ITALIA SI PALLEGGIANO LA DECISIONE IN ISRAELE GIA’ ESISTE “IMMUNI”
Rapidità, disciplina, servizi segreti e anche test sulle feci: gli israeliani il virus l’hanno contenuto così
Come è riuscito Israele ha contenere in maniera così efficace il coronavirus? Come è possibile che in una nazione di nove milioni di abitanti siano decedute meno di 250 persone mentre a New York, che ha più o meno la stessa popolazione, i morti siano circa 18 mila? Una risposta potrebbe essere la differenza nella densità abitativa: sì, ma interi quartieri ortodossi a Gerusalemme e non solo – quelli per intenderci dove la vita comunitaria raggiunge l’apice e in un appartamento vivono sei-sette persone – sono stati chiusi con un discreto successo. Senza contare che il paragone non regge neanche con altri Paesi simili per numero di abitanti come Svezia (circa 3 mila) e Belgio (quasi 8 mila).
Secondo Times of Israel sono stati tre i fattori che si sono rivelati decisivi: la rapidità nel prendere le misure contenitive quando ancora non c’erano focolai significativi nel Paese; le prestazioni del servizio sanitario nazionale e il comportamento della popolazione. Su quest’ultimo aspetto si focalizza anche il Jerusalem Post. La maggioranza dei cittadini ha infatti seguito e rispettato alla lettera le indicazioni del governo. E questo non per una qualche virtuosità innata, ma perché gli israeliani sono, loro malgrado, abituati alle crisi nazionali. La sicurezza è da sempre presa molto sul serio: se un cittadino vede un pacco o un movimento sospetto, è abituato a segnalarlo.
Oggi, allo stesso modo, in tanti segnalano chi non segue i protocolli sanitari: non si tratta di fare la spia, ma di proteggere sé stessi e gli altri. E dove il buon senso non arriva, ci pensano i servizi segreti: già da un mese ormai lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, usa le proprie risorse tecnologiche per tracciare i potenziali vettori del virus. Una scelta che da un lato ha generato un serrato dibattito sul confine fra sicurezza e privacy (l’Alta corte ha prolungato questa licenza per altre tre settimane, salvo poi chiedere la regolamentazione da parte del parlamento) dall’altro avrebbe permesso di individuare 5 mila casi (sui 16 mila totali).
Significativo è stato anche il numero di test effettuati, ad oggi circa 250 mila, di cui 100 mila in postazioni «drive-in» sparse per il Paese e 90 mila in appartamenti privati. Senza contare misure meno ortodosse, come l’analisi delle feci, che contengono tracce del Covid: una metodologia messa in pratica da un gruppo di scienziati che dall’avvio dell’emergenza monitora le acque di scarico di tutto il Paese e che permette di tenere d’occhio la presenza del virus nelle varie aree. Sarà cruciale per prevenire un’eventuale seconda ondata.