La decapitazione

(di Stelio W. Venceslai)

 E così, il Senato ha deciso: Il leader della Lega, Salvini, può essere processato per il sequestro, ritenuto abusivo, degli immigrati bloccati al largo in una nave militare italiana. La partita non è ancora chiusa perché le procedure sono complesse, ma il Senato della Repubblica ha giudicato che la Magistratura è competente per valutare la legittimità penaledi un atto di governo compiuto da un Ministro della Repubblica.

            Molte sono le osservazioni possibili, oltre le polemiche che hanno accompagnato tutta la vicenda.

            In primo luogo, è molto grave che il Senato si sia rimesso alle valutazioni di un giudice. L’autorizzazione a procedere contro un Ministro non è di per sé indice di colpevolezza, è solo un atto dovuto ma c’è un fumus d’illegittimità sul quale si chiede di indagare. La politica, in un Paese democratico, non può essere assoggettata alla Magistratura.

            In secondo luogo, il personaggio in questione non è di secondo piano. Anzi, è il Capo di un partito politico che ha la maggioranza degli elettori, almeno stando ai risultati delle ultime tornate elettorali. Il fatto che un governo sia stato creato con l’obiettivo d’impedire questa possibilità è a tutti noto. L’autorizzazione a procedere implica, in caso di condanna, che Salvini non potrà presentarsi alle elezioni, in barba al volere espresso dei suoi elettori. Non è un bel modo di fare politica e di contenere i consensi con l’aiuto, possibile, della Magistratura. Tra l’altro, ciò è un’ulteriore riprova di una debolezza di fondo dell’attuale maggioranza politica al Parlamento.

            In terzo luogo, la storiella che nessuno sapeva niente di ciò che faceva Salvini non è convincente. Vorrei ricordare che in un altro famoso processo, a Milano, trattandosi di Berlusconi, questi fu condannato non per aver commesso un illecito (compiuto da altri suoi dipendenti), ma con la motivazione che essendo il Presidente del gruppo “non poteva non sapere”. Una sentenza che fece scandalo. Nel caso di Di Maio e di Conte, l’uno Vice-presidente e l’altro Presidente del Consiglio, non potevano non sapere. O sono imbecilli o sono correi.  A maggior ragione è in ballo, poi, il Presidente del Consiglio dei Ministri, cui compete costituzionalmente la responsabilità e il coordinamento dell’attività dei suoi Ministri.

            Se un operaio, in fabbrica, ha un incidente, chi ci va di mezzo non è il caporeparto, ma l’amministratore delegato e, cioè il vertice.  Si dirà che un governo non è una fabbrica, perché è un organo politico. Giustissimo, ma perché allora interviene la Magistratura? O è sempre politico o non lo è.

            In questa lotta politica senza esclusione di colpi il futuro ci riserverà sorprese sgradevoli. Due effetti sono possibili, quasi di segno opposto.

            Il primo è che trasformare Salvini in un martire è un gravissimo errore. Egli si traveste da difensore dei sacri confini della patria, il che piace un po’ a tutti visto che di patria non si parla più da un pezzo, ma solo di Paese. Interpretando il ruolo di chi ha risposto ai timori diffusi dell’opinione pubblica di un‘invasione d’immigrati, si è guadagnato consensi non immaginabili. Essere punito per questo può determinare un effetto di simpatia e di condivisione importante.

            Il secondo effetto è che il personaggio Salvini, troppo sui media, in realtà ha stancato. Nella peggiore delle ipotesi, quella di un processo e di una condanna, avremmo un leader dimezzato, come è accaduto a Berlusconi.

            La Lega non è Forza Italia, in preoccupante declino, ma gli errori e le alzate di testa del Capo della Lega non sono mai stati troppo graditi. C’è tutto un establishment industriale nell’Italia che pesa, e cioè nelle regioni del nord, che sulla Lega ha puntato gran parte delle proprie speranze. Potrebbe verificarsi un’inversione di tendenza verso lidi meno burrascosi. L’ascesa di Fratelli d’Italia, con una Meloni molto più accorta e coerente, è anche conseguenza di un travaso consistente di voti.

            La questione di fondo, però, è il carattere bizzarro dell’uomo, un impulsivo, un gran comunicatore che, sentitosi sulla cresta dell’onda, ha ritenuto che gli fosse possibile  quasi tutto e che, nell’euforia del successo, o è stato mal consigliato o non ha dato retta ai suoi consiglieri.

            All’errore di lasciare il governo nello scorso agosto hanno fatto seguito numerose cadute di tono, culminate poi con il voler fare delle elezioni regionali in Emilia-Romagna un test decisivo per sbalzare il governo e andare alle elezioni. Legare le sorti di Salvini al successo nelle regionali è stato lo stesso errore fatto da Renzi quando legò la sua ascesa politica al successo referendario. Renzi aveva stufato e il referendum fu un disastro.

            Archiviato al momento il caso Salvini, il governo torna alle prese con i propri pasticci e con i propri ricatti reciproci. La storia della prescrizione è una buffonata. È solo un modo per tirare la corda al collo ai 5Stelle, che ci tiene tanto, e far capire a tutti i partner di governo che chi comanda è Renzi.

            Continua l’allegro vaudeville ministeriale mentre le miserie di un Paese abbandonato a se stesso da anni continuano a infierire.

Roma, 13/02/2020