Una vibrata   protesta all’ordine dei giornalisti del criminologo

Carmelo Lavorino  Coordinatore del Pool di Difesa della Famiglia Mottola  con riferimento al processo di Arce omicidio Serena Mollicone

 Protestiamo per il comportamento di quelle trasmissioni televisive, di quei giornalisti e di quelle testate che fanno due pesi e due misure fra le argomentazioni della Difesa degli imputati e le argomentazioni degli Inquirenti e del Pubblico ministero, che sposano le tesi accusatorie, che ignorano le analisi della Difesa (in parte o tutte), che strumentalizzano le famiglie delle vittime devastate dal dolore e che creano un clima di veleno e di tifoseria indiscriminata.

Altresì, denunciamo che alcune trasmissioni televisive adottano le seguenti tecniche che sono uno schiaffo alla deontologia professionale, all’etica, all’onestà, al dovere-diritto di cronaca, alla sofferenza intima dei familiari delle vittime:

sposare a spada tratta le ipotesi degli Inquirenti e delle famiglie delle vittime che, purtroppo, si allineano (per la “saccenteria” dei loro legali e/o per altri motivi) all’ipotesi accusatoria perché “hanno fiducia indiscriminata negli Inquirenti che ‘non sbagliano mai’”;

fare assurgere al rango di “verità oggettiva” le accuse e/o le ipotesi degli Inquirenti, sino a farle proprie, pubblicizzarle e porle contraddittoriamente sia come conclusioni, sia come presupposti dei loro enunciati.

invitare nei loro studi sempre e solo i rappresentanti delle famiglie delle vittime, così facendole assurgere a simbolo della ricerca di giustizia, laddove la giustizia è individuata nell’ipotesi accusatoria così annullando il principio della presunzione di innocenza: si tratta di una perversa catena di trasmissione di ipotesi di parte spacciate per “verità assolute”; lo stesso dicasi per le interviste sui giornali;

trasformare e strumentalizzare la giusta sete di giustizia dei familiari delle vittime in una velata accusa e insinuazione nei confronti delle persone indagate e/o imputate, sino a trasformare un processo per il vaglio degli elementi dell’accusa e probatori in “è arrivato il giorno della verità”;

creare un clima di sospetto e di accusa nei confronti degli indagati degno della “Colonna infame” di manzoniana memoria, dei processi kafkyani, dei processi della “cortina di ferro” e di quelle nazioni a regime dittatoriale dove “L’ACCUSA È SACRA E VINCENTE”;

creare un clima da stadio e di tifoseria, laddove le parole dei familiari delle vittime e/o degli Inquirenti diventano il “sacro verbo” o la “pura fonte” delle accuse scagliate contro gli indagati o imputati;

esaltare in modo esagerato le tesi, le argomentazioni e le accuse contro gli indagati e/o imputati, arrivando addirittura a mitizzare i consulenti delle Pubblico ministeri, sino a commettere l’errore marchiano di definire le loro relazioni come “perizie”, così dando alle stesse ed agli stessi il crisma dell’imparzialità (cosa assolutamente non vera); fare le domande a noi della Difesa degli indagati o degli imputati e tagliare le nostre risposte, per poi, addirittura, inserire le loro considerazioni prive del nostro contraddittorio e/o farci contestare dai loro “esperti opinionisti” evitando sempre il libero dibattito: il tutto, condito da faziosi tagli e scorretti salti di significato;

intervistare noi della Difesa per poi manipolare a loro piacimento le nostre risposte con tagli, spostamenti, copia e incolla, così minimizzando (o annullando) i nostri interventi e cambiando il senso reale delle nostre dichiarazioni;

avere, addirittura, come opinionisti e/o “esperti” i consulenti dei Pubblici ministeri o dei familiari delle vittime, i quali commentano in diretta le nostre dichiarazioni senza che noi si possa replicare;

attivare squallide recite come strapparsi le vesti, lamentarsi, strillare e “buttarla in caciara”, col solo fine di fare il “servizio tv” e/o lo scoop;

inseguire ed aggredire gli indagati e/o imputati con domande che, ben sanno, fanno parte del contraddittorio processuale e che gli imputati devono prima presentare/esporre/enunciare al Giudice;

farsi scudo del falso diritto di cronaca e d’informazione, mentre invece devono soltanto “fare il pezzo” e/o “avere il proprio piatto di lenticchie” e/o “portare la pagnotta a casa” e/o “fare un po’ di ‘carriera’”.