Mercoledì prossimo la sentenza del processo per il delitto di Katia Tondi

Sarà  assoluzione “per non aver commesso il fatto”, come chiesto dalla difesa  o sarà “condanna a  25 anni di reclusione” come chiesto dall’accusa?

 di Ferdinando Terlizzi

 Santa Maria Capua Vetere – Mercoledì prossimo sarà segnato il destino di Emilio Lavoretano, accusato di essere l’assassino della moglie Katia Tondi. In quel giorno, la Corte di Assise composto dal presidente, Giovanna Napoletano, dal  giudice a latere, Alessandro De Santis e dal   pubblico ministero, Domenico Musto, nonché dai giudici popolari,  emetterà la sentenza. Sarà aderente a quanto chiesto dal suo avvocato Natalina Mastellone: assoluzione “per non aver commesso il fatto”,  o sarà accolta la richiesta della pubblica accusa: “condanna a  25 anni di reclusione”?

Il castello dell’accusa, il qui mosaico è stato realizzato con spezzoni di indizi, sospetti, illazioni e infondatezze è stato dettagliatamente smontato dall’arringa della difesa. E’ stato insomma capovolto il senso di ogni contestazione. “Katia – ha detto, tra l’altro,  l’avvocato Mastellone –  lavorava in un bar a Santamaria fino a poco prima di rimanere incinta. Questo lavoro glielo aveva trovato il marito. Circostanza confermata in udienza dalla mamma di Katia. Si licenziò perché  non veniva regolarmente pagata. Ridicola, quindi e contraddittoria poi la circostanza secondo la quale il marito era geloso. Come pure contraddittoria l’affermazione secondo la quale non la faceva truccare”.

Nelle foto esibite dalla difesa, infatti,  la donna appare invece truccata e con i capelli tinti e ben fatti. Non sembra né una donna segregata in casa né una donna costretta a mettere il giubbino dietro per non far vedere le forme né tantomeno due maglie addosso d’estate è abbigliata come una normalissima donna di 30 anni.

“Si è tentato di definire Emilio un uomo violento – ha precisato ancora l’avvocato Mastellone –  attraverso un video in cui Emilio diciamo che strattona la madre. Tale episodio è relativo al giorno in cui Emilio Lavoretano e i genitori venivano lasciati, il giorno del funerale di Katia, in attesa, dal mattino, presso gli uffici della Questura ed Emilio veniva sentito soltanto verso le 14, ora in cui la salma della moglie si sarebbe dovuta già trovare nella Chiesa dove, di lì a poco, si sarebbero celebrati i funerali. La madre di Emilio ad un certo punto vedendo il figlio in uno stato di frustrazione pensò di andare a parlare con gli inquirenti ed Emilio timoroso che il suo intervento avrebbe ulteriormente ritardato le operazioni, la fermò in modo brusco”.

Anche il comportamento di Emilio dopo essere uscito di casa e quindi dopo che secondo l’accusa avrebbe ucciso la moglie ci porta a ritenere che non sia lui l’assassino. Cantiello Nadia, titolare della Farmasanitaria dove Emilio, la sera del delitto, si reca dopo aver fatto la spesa al supermercato, dice che Emilio andava spesso al suo negozio per comprare prodotti per il bambino tanto da aver accumulato anche diversi punti da ricevere un omaggio, e che, invece mai aveva visto Katia. Descrive Emilio,  essere un cliente abituale di quell’esercizio commerciale, tranquillo e pacato come sempre, eppure secondo l’accusa Emilio aveva appena ucciso la moglie ed aveva lasciato il bambino in casa, da solo.

“Sulla considerazione che la suocera ha di Emilio – ha precisato la difesa  – è strettamente legato al dissapore che si viene a creare con la madre di Emilio nelle varie elucubrazioni che la signora inizia a fare ripensando a degli episodi precedenti su cui, prima della tragedia, nemmeno ci si soffermava per la loro banalità. Da qui, Emilio non è più il bravo ragazzo con cui la figlia è stata fidanzata oltre 15 anni, premuroso e attento alle necessità della sua famiglia come lei stessa dice parlando con la giornalista Ilaria Mura (Intercettazione n. 902 del 15.10.13 -ASSUNTA-ILARIA MURA- intervista a Quarto Grado N.d.R)-  Assunta: “il marito quando mancava qualcosa …. Che ti manca? Allora prima di rientrare la sera e finire di lavorare andava a comprare il latte, specialmente il latte per il bambino. Telefonava sempre dicendo è finito il latte? Oppure facevano la scorta…prima che finisse il latte già comprava il barattolo di latte”.

Per quanto riguarda gli aspetti medico-legali di questo processo, bisogna premettere che questa materia deve essere valutata in maniera rigorosamente scientifica perché questa è la sua funzione, la medicina legale nasce per conoscere e applicare le conoscenze mediche al diritto. Non bisogna commettere, quindi, l’errore di ridurre una scienza, appunto, la medicina legale, ad una simil-scienza.

“In questo processo – ha detto l’avvocato Mastellone –  si è tentato più volte di sopperire ai dati scientifici con dei surrogati. L’approccio della difesa è una disamina degli aspetti medico-legali, partendo dalla perizia, è noto che nelle aule di giustizia il ruolo del perito è centrale, super partes rispetto ai consulenti. La Corte, infatti, arriva alla nomina del perito, evidentemente, perché facesse chiarezza su dati scientifici che i consulenti escussi, fino ad allora, o non avevano chiarito abbastanza oppure erano arrivati a conclusioni contrapposte. In questa ottica, maggiore chiarezza e rigore scientifico, va letta anche la nomina della difesa, in questa fase, del professore Fineschi.  In effetti, però, le conclusioni a cui perviene il perito, di rigore scientifico non hanno molto”.

Un discorso a parte merita la metodologia seguita nelle indagini poiché il modo in cui si è operato è precursore e latore del risultato. L’appartamento viene sequestrato per poche ore, dopo di che, su disposizione del PM viene dissequestrato quella stessa sera per poi essere sottoposto nuovamente a vincolo ben 54 giorni dopo.  Il PM  ha più volte detto che la Scientifica intervenuta quella sera gli aveva assicurato di aver fatto tutti gli accertamenti e prelievi utili ai fini delle indagini.  Evidentemente quanto repertato quella sera non era sufficiente, viceversa non si ci spiega il motivo per cui 54 giorni dopo l’appartamento viene sequestrato, dissequestrato e nuovamente sequestrato per restare ancora oggi sotto vincolo. Un vincolo di cui non ci spieghiamo la ragione.

“Siamo giunti, invece, a ritenere – ha puntualizzato  la difesa –  che quella sera non fu repertato tutto quanto utile alle indagini, tanto è vero che osservando la foto n. 71 si vede accanto ad una delle ciabatte di Katia, un capello. Come è possibile che chi ha fatto le foto e che quindi avrebbe dovuto guardare il luogo del delitto con una vera e propria lente di ingrandimento, non si sia accorto di quel capello e non lo abbia debitamente repertato? Quel capello ci avrebbe potuto dire qualcosa?”

L’Avvocato Natalina Mastellone avviandosi alla conclusione ha precisato: “All’imputato è stato contestato l’omicidio volontario, aggravato dal vincolo di coniugio. Osservazione immediata: non è rinvenibile alcun movente nel capo d’imputazione. Mi si dirà, è sì vero, ma quanto meno in sede di requisitoria è stato indicato il movente della gelosia. E’ vero anche che il movente – in questo processo – è stato sempre itinerante. In un primo tempo si è parlato dell’intromissione della suocera, poi, evidentemente, sembrando troppo debole si è preferito passare ad un movente classico, la giurisprudenza e la dottrina individuano sempre un movente forte in quello passionale o economico. Ed ecco, quindi, il cambio di passo! Ovviamente nel corso delle indagini preliminari e con lo scorrere delle udienze si è accertato che Emilio Lavoretano, nel corso del matrimonio non aveva altre relazioni sentimentali, neanche scappatelle, a meno che si vogliano considerare significative quelle dell’adolescenza, ma comunque non si possono considerare extraconiugali né, per quanto risalenti, attinenti ai fatti di causa! Non avendo trovato forti passioni che avrebbero potuto far chiudere il cerchio, si è utilizzata la consulenza psicologica della dott.ssa Gimelli, che sulla base dell’autopsia psicologica a Katia e senza alcun colloquio professionale con l’imputato, ha individuato nella gelosia il possibile movente”.

Viva attesa, quindi, per mercoledì 18, allorquando, dopo una breve replica delle parti, vi sarà il verdetto.  Condanna o assoluzione?  Seguiremo con attenzione l’ultima scena di questa tragedia che ha appassionato i nostri lettori dal giorno del delitto quel luglio del 2013.