La jena ridens

(di Stelio W. Venceslai.)

 Diceva un mio amico esploratore: l’animale più sgradevole è la jena. È brutta, dorme di giorno, caccia di notte, si nutre di cadaveri, s’accoppia una volta l’anno. Che c’è da ridere? Eppure, si chiama jena ridens. È una metafora della società italiana.

      Abbiamo un governo che un giorno decide e il giorno dopo ci ripensa. Abbiamo dei Ministri che parlano troppo e non agiscono, che in genere non decidono, perché non sono in grado di fare delle scelte. Non hanno nulla in testa, salvo l’elettorato.

      Il caso dell’ILVA di Taranto è un classico del modo con il quale il Paese è governato. È superfluo ricordare l’odissea di questo stabilimento siderurgico, anche perché non sembri un necrologio anzi tempo, fiore all’occhiello del sistema industriale italiano, emblema delle partecipazioni statali (la vecchia Italsider), casus belli con la Comunità europea all’epoca della politica degli aiuti alla siderurgia, il polo trainante dello sviluppo del Sud …

      Sull’ILVA si sono fatte molte sciocchezze:

a – si è permesso di costruire interi quartieri attorno all’impianto, lucrando sui terreni (responsabilità degli Enti locali, in particolare del Comune);

b – sono stati volutamente ignorati o sottovalutati i pericoli dell’inquinamento sino a quando non sono esplosi in modo clamoroso (tutti colpevoli: Presidenti di Regione di Provincia, Sindaci, Autorità sanitarie, prefetti e sindacati);

c – si è bloccata l’attività dell’azienda con il sequestro giudiziario del magazzino di billette (valore: 11 miliardi). Una decisione inaudita (erano l’oggetto del reato!);

d – sono stati espropriati i vecchi proprietari (la famiglia Riva), credo senza indennizzo;

e – per lungo tempo ci si è barcamenati fra Commissari di comodo, senza risolvere il problema, in cerca di qualcuno che si sottoponesse alla burocrazia italiana e agli appetiti dei politici;

f – Alla fine, tra la scelta di un gruppo che proponeva di alimentare i forni a gas e non a carbone (il che avrebbe risolto alla radice la maggior parte dell’inquinamento), si è preferito un grande gruppo indiano che, invece, avrebbe mantenuto gli impianti a carbone, mentre i suoi stabilimenti siderurgici, sparsi in tutto il mondo, vanno a gas;

g – alla richiesta, legittima, dei nuovi proprietari, di non essere inquisiti per cause pregresse, prima si è risposto di sì (lo scudo fiscale) e si è fatta una norma ad hoc, poi il governo se l’è rimangiata, poi l’ha riproposta e poi l’ha cancellata di nuovo;

h – è ovvio che gli Indiani hanno capito che forse non è stato un buon affare e che approfittino della situazione per sganciarsi dall’impresa o per rialzare il prezzo della loro presenza, magari chiedendo che lo Stato italiano diventi compartecipe.

      Il Governo giallo-rosso, invece, è molto deciso e fa la faccia feroce. Non hanno sbagliato nulla, esiste un contratto, il contratto va rispettato. Se gli Indiani non mollano, che fa il Governo? Fa la guerra alla multinazionale? E, intanto, Taranto muore.

      L’unica attività intellettuale giallo-rossa, in realtà, è come lambiccarsi il cervello per spremere soldi, dicendo che le tasse non aumentano. Peccato, però, che aumenti il gettito di 16 miliardi rispetto all’anno scorso. Dev’essere perché gli Italiani sono diventati più ricchi.

      Tassiamo le merendine. Orrore, i figli non si toccano! Allora tassiamo lo zucchero che va nelle merendine. È una misura sanitaria, così i nostri bambini non diventano obesi. Se non ci pensano le mamme, ci pensa lo Stato.

      Tassiamo la plastica. È un problema ambientale enorme. Noi sì che siamo ecologici! Quale plastica? Tutte. Non sanno di cosa parlano. Ma che v’importa, tanto tassiamo solo i produttori. Non immaginano neppure che i produttori trasferiranno l’imposta sui prodotti e, quindi su chi compra, cioè a noi. Nessuno pensa che il problema non è di tassare ma piuttosto d’incentivare la ricerca per nuovi materiali biodegradabili oppure per rendere riciclabili le plastiche. Si farebbe più bella figura ed una cosa utile a investire nella ricerca piuttosto che a tassare un prodotto finito.

      Ci sarebbe da ridere su queste pericolose uscite governative se, invece, non ci fossero altre cose ben più tragiche. Pensiamo alla Whirpool a Napoli. Un pasticcio senza fine fra truffatori. Intanto, la gente aspetta di sapere se sarà licenziata, se riceverà un salario e per quanto tempo. A Napoli, un problema simile è come la pioggia sul bagnato.

      Pensiamo a Taranto, dove l’ILVA è in procinto di chiudere. Un altro pasticcio fra Ministri incompetenti, un Parlamento ideologizzato da Grillo (che dell’ILVA voleva fare un parco pubblico), emendamenti che vanno e vengono come una pallina da ping-pong. Le imprese private saranno pure imprese da rapina, ma non hanno di fronte un governo serio. Sono tutti idraulici da lavoro nero, tappano le falle qua e là e non sempre gli riesce. Intanto, la gente aspetta se deve morire d’inquinamento lavorando, o di fame, se messi a spasso.

      A Napoli sono 500 persone più le famiglie, a Taranto sono 15.000, più le famiglie.

Governare è una cosa seria, non è da buffoni incapaci. Occorre avere un progetto a medio termine, ma è troppo difficile. Non ci si pensa neppure.

      Vogliamo parlare dell’Alitalia? Quanto c‘è costata fino ad ora la smania di mantenere una compagnia di bandiera che macina debiti e che è preda degli interessi politici di questa o di quella cordata? I buchi neri dell’economia italiana sono infiniti. Noi si paga tutto, anche le incertezze e l’incapacità di chi governa.

      Non è neppure questione di colori, verde, bianco, giallo o rosso. Sono tutti uguali. È facile dire: ma questo è qualunquismo! No, è solo la constatazione del fatto che chiunque sia stato al potere in questi ultimi anni non è stato in grado di risolvere neppure un problema. Li ha solo trascinati, peggiorati, al successore.

      Questo governo ondeggia fra il nulla e la voglia di continuare, se ci riesce, cercando a casaccio di capire dove andare, tirando il carretto alla giornata, per viottoli difficili. La congrega al potere per stessi brilla sul fallimento delle idee di 5Stelle: il reddito di cittadinanza è un flop, quota 100 idem. Miliardi buttati al vento. Uno pseudo Stato sociale che divora se stesso.

      Nel frattempo, le imprese chiudono o si trasferiscono, i negozi abbassano le serrande, la gente spende sempre di meno e si lamenta. Ma a Taranto non si lamentano. Non ne possono più. C’è aria di rivolta che serpeggia, l’inizio di un incendio pericoloso. Le prospettive sono nere, per tutti.

      Il governo si affanna a far quadrare i conti: la solita storia. Da Minghetti in poi non quadrano mai, ma tanto nessuno sa chi fosse Minghetti. Si crea una tensione artificiale: che dirà l’Unione europea?  Come sarà lo spread? Però, sonni tranquilli. Non ci tocca più di tanto. Questo è un Paese infelice, sottomesso, paziente, arrivista, furbo e ambiguo.

      Nella storia recente del nostro Paese forse abbiamo toccato il punto più basso. I politici non lo sanno, sorridono agli intervistatori, non sono preoccupati. Appunto: la jena ridens.

      La democrazia è morta, l’oligarchia dei cretini ha vinto.

Roma, 06/11/2019