Penalisti contro la Gabanelli. Querelata la giornalista del Corriere

 Stavolta i penalisti non potevano far finta di nulla, ed è finita com’era ovvio che finisse, vale a dire con la querela dell’Unione camere penali contro Milena Gabanelli, rea di aver accusato gli avvocati dei mafiosi di far da tramite fra i boss in carcere e le loro cosche di appartenenza.

Tutto ha avuto inizio tre giorni fa, quando la Gabanelli ha dedicato la sua rubrica “Dataroom” sul Corriere Tv alle sentenze con le quali la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Consulta hanno “bocciato” l’ergastolo ostativo, stabilendo che anche il mafioso che non collabora con la giustizia può, se il suo legame con la criminalità organizzata è cessato, rivolgersi al magistrato di Sorveglianza per chiedere di ottenere, ad esempio, dei permessi premio.

Partendo dal presupposto che è difficile accertare se davvero il mafioso in carcere ha reciso o meno i contatti con la sua cosca, la Gabanelli ha sostenuto che “migliaia di atti processuali, nel corso di quarant’anni, hanno dimostrato che casualmente emerge il fatto che il tizio che è in carcere ha ancora contatti con la cosca, e lo ha attraverso gli avvocati (i cui colloqui in carcere, ndr) non sono monitorabili”.

Per la giornalista, dunque, in molti casi, come dimostrerebbero gli atti giudiziari, i legali dei mafiosi farebbero da tramite fra i propri clienti e le cosche. Affermazioni che hanno provocato la reazione di Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali: “Uno spettacolo miserando e miserabile di approssimazione, genericità, indifferenza e mancanza di rispetto per la dignità e la reputazione di una intera categoria di professionisti”, ha affermato il penalista, prima di domandarsi se sia questo “il giornalismo d’inchiesta nel nostro Paese”.

Poi l’annuncio, con un’inevitabile punta di sarcasmo, della querela: “La signora Gabanelli verrà ora a raccontarci in Tribunale i riscontri che avrà certamente raccolto in ordine ad una simile, strabiliante e diffamatoria accusa nei confronti di tutti gli avvocati penalisti italiani impegnati in quei delicatissimi processi”.

 

Fonte : di Luca Rocca / Il Tempo, 1 novembre 2019