Vero o falso? Un intreccio di complessità e il confine tra le interpretazioni lecite e le distorsioni dei fatti si fa davvero sottile. Gli inquirenti, però, i loro articoli li chiamano “depistaggi”.

Mi piace iniziare questo “Servizio Speciale” con alcune citazioni di Joseph Pulitzer, le quali potrebbero già far capire la delicatezza degli argomenti che vado a trattare. Ma mi ispiro anche al suggerimento della stampa anglosassone: Le cinque W-  Who?, What? When? Where? Why? (chi?, che cosa?, quando?, dove?, perche?).  “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri“.

 E ancora:  “Un’opinione pubblica bene informata è la nostra Corte Suprema. Perché ad essacome disse Joseph Pulitzer –  ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.“.

L’ondata delle bufale, infatti,  non sembra affatto placarsi. Tra social media, siti e giornali, ne abbiamo viste circolare a centinaia, dalle sparate più folli fino alle sottili mistificazioni della realtà. Si cerca di capire se, e come, l’intelligenza artificiale possa darci una mano a identificare le fake news, a partire ovviamente da quelle più grossolane e palesi con qualche spunto di attualità. Spesso, però, sarebbe meglio superare quella dicotomia vero-falso: l’attualità ci mostra, infatti, che per molti temi la realtà cela un intreccio di complessità, e il confine tra le interpretazioni lecite e le distorsioni dei fatti si fa davvero sottile.

Come si crei una fake news non è poi così difficile da capire : qualcuno, al bar, si inventa una bufala e basta che questa venga ripresa e ripetuta a ripetizione fino a diventare, come si dice “virale”. Immaginiamoci poi se a propalare la falsa notizia non sia l’omino del bar, ma un soggetto cosiddetto “legittimato”, insomma, per intenderci un giornalista professionista o magari un’agenzia di stampa. E’ allora facile capire come il potere legittimante della sua provenienza conferisca enorme autorevolezza alla bufala :  …Ma se l’ha detto il giornalista o il giornale x?”facendo da comprensibile traino ai lettori che la fanno propria ed a loro volta la passano ad altri.

Per avere un’idea di tale meccanismo ed anche delle sue micidiali conseguenze senza spostarsi troppo lontano, nello spazio e nel tempo, basta analizzare la singolare vicenda della CLEPRIN,  azienda produttrice di detergenti industriali, con sede prima a Sessa Aurunca e poi a Carinola, la cui fabbrica, come si ricorderà, nel luglio del 2015 venne parzialmente distrutta da un incendio.

Sulle macerie fumanti I due titolari, Antonio Picascia e Francesco Beneduce, denunciano subito di essere stati vittime di un attentato camorristico e la versione viene immediatamente ripresa da tutti i mezzi di comunicazione e fatta propria anche dalle forze dell’ordine. E fin qui tutto bene… o quasi.

Nell’aprile del 2016, la Direzione Distrettuale Antimafia, però archivia le sue indagini non avendo riscontrato la matrice camorristica dell’evento. Correttamente trasmette quindi, per competenza il procedimento contro ignoti alla Procura ordinaria di S. Maria C.V. dove viene definitivamente archiviato. Ed anche qui, si dirà, che c’è di strano?

Di strano c’è che nel marzo dell’anno successivo, 2017, la CLEPRIN riapre i battenti nella nuova sede di Carinola ed allora i media celebrano entusiasti l’evento. Peccato che nell’esaltazione dei festeggiamenti, finiscano per dimenticarsi completamente dell’archiviazione del procedimento per attentato camorristico, titolando :

RIAPRE LA CLEPRIN, L’AZIENDA DEVASTATA DA UN INCENDIO PERCHÈ SI OPPOSE AL PIZZO (?) (GAZZETTA DI NAPOLI Redazione – 20 marzo 2017)

DOPO L’INCENDIO DELLA CAMORRA (?), RIAPRE LA CLEPRIN … NEL GIUGNO 2015 L’AZIENDA CLEPRIN DI MONDRAGONE (CASERTA) VIENE DATA ALLE FIAMME DALLA CAMORRA (?) (YOU MEDIA / TV2000 / FANPAGE.IT  Video – 20-21 Marzo 2017)

CARINOLA, INAUGURATA LA CLEPRIN AZIENDA DISTRUTTA DUE ANNI FA DAL RACKET (?) (CAMPANIANOTIZIE 20 Marzo 2018)

LA RINASCITA DOPO IL ROGO DELLA CAMORRA (?) RIAPRE LA CLEPRIN DI CASERTA (TG 2000 / TV2000 -20 Marzo 2018

Più strano ancora è che qualche mese dopo, sempre nel 2017, la Procura di S. Maria C.V. riapre le indagini, ma non a carico di ipotetici camorristi, bensì questa volta a carico proprio degli stessi titolari, sospettati ed indagati per aver loro stessi dolosamente dato fuoco alla loro azienda. La notizia viene data in modo “corretto” :

CLEPRIN, L’INCENDIO NON FU DOLOSO …

l’indagine sull’incendio di due anni fa non ha mai accertato la matrice camorristica, Subito dopo il rogo le forze dell’ordine parlarono di camorra, poi però quella pista fu lentamente abbandonata e addirittura il fascicolo fu archiviato dal gip del tribunale sammaritano. (IL MATTINO.IT – Biagio Salvati –23 Marzo 2018)

SESSA AURUNCA / CELLOLE – AZIENDA CLEPRIN DISTRUTTA DALLE FIAMME, SI RIAPRONO LE INDAGINI – …. l’indagine sull’incendio di due anni fa non ha mai accertato la matrice camorristica, Subito dopo il rogo le forze dell’ordine parlarono di camorra, poi però quella pista fu lentamente abbandonata e addirittura il fascicolo fu archiviato dal gip del tribunale sammaritano…. (CORRIERE DELLA SERA / CORRIERE DEL MEZZOGIORNO – CRONACA MACRO NEWS- GENERAZIONE AURUNCA – Martedì 1 agosto 2017)

Ma già qui qualcuno comincia a sbizzarrirsi e, pur riportando in maniera identica l’articolo, arriva al paradosso di titolarlo in maniera diametralmente opposta:

 CLEPRIN, PROCURA RIAPRE FASCICOLO, INCENDIO FU DOLOSO E DI MATRICE CAMORRISTICA (?) (GAZZETTA DI NAPOLI Redazione – 1 agosto 2017)

AZIENDA DISTRUTTA DALLE FIAMME, RIAPERTE LE INDAGINI: «FU UN RAID DELLA CAMORRA (?) (IL MATTINO.it Martedì 1 Agosto 2017).

Insomma un bel pasticcio perché a stare ai titoli (che, guarda caso, sono quelli che il lettore più distratto immediatamente, e spesso esclusivamente, percepisce) ad incendiare la CLEPRIN è stata certamente la camorra, salvo però nei relativi articoli precisare bene che l’indagine sulla matrice camorristica è stata certamente archiviata. Errori, si capisce.

Ma gli errori si ripetono ancor più alla grande l’anno successivo, 2018, quando il Comune di Carinola decide di chiudere la CLEPRIN per gravi irregolarità amministrative. A questo punto i social ed i giornali si scatenano, tutti a difesa della povera CLEPRIN. Nessuno ovviamente si preoccupa di sapere e spiegare ai lettori se le contestazioni del Comune di Carinola siano più o meno fondate, ma preferiscono ancora una volta cavalcare la stessa bufala (o fake new che dir si voglia):

IMPRESA SCAMPÒ AL FUOCO DEL CLAN (?): ADESSO IL COMUNE VUOLE DEMOLIRLA Una storia quasi surreale visto che la Cleprin fu data alle fiamme nel 2015 dalla camorra (?), quando era ubicata nel comune di Sessa Aurunca, ( IL MATTINO.it  15 Marzo 2018)

AZIENDA SCAMPÒ AL ROGO DEI CLAN (?), ORA CARINOLA VUOLE DEMOLIRLA – Avevano riaperto la loro azienda un anno fa, dopo che la camorra (?), nel 2015, aveva dato fuoco allo stabilimento (IL FATTO QUOTIDIANO Enzo Ceraldi – 15 marzo 2018) –

LA CAMORRA (?) HA FALLITO ORA CI PROVA LO STATO A CHIUDERE LA CLEPRIN …. Risorta dopo un raid incendiario ordinato dai clan (?)  (MOVIMENTO 5 STELLE CAMPANIA 15 marzo 2018)

IL SINDACO DI CARINOLA VUOLE CHIUDERE LA CLEPRIN, L’IMPRESA CHE SCAMPÒ AD UN ATTENTATO INCENDIARIO DA PARTE DEI CLAN (?) (Raffaele Sardo – REPUBBLICA – 15 Marzo 2018)

CLEPRIN, IL COMUNE VUOL CHIUDERE L’AZIENDA SCAMPATA AL FUOCO DEI CLAN (?) (CORRIERE DELLA SERA / CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 16 Marzo 2018)

Ma se era stato assodato – ed anche pubblicato, spesso dagli stessi identici organi di stampa – che l’incendio non era ascrivibile alla camorra, perché allora si continua imperterriti ad affermare il contrario? Forse perché la versione dell’attentato è molto più suggestiva? Ah certo, certo!

Qualche giorno dopo però fortunatamente le cose si aggiustano quando il TAR concede la sospensiva (che non è certo un’assoluzione, ma che così viene fatta passare) alla CLEPRIN ed allora si riprende con vigore a dar fiato alle trombe:

CLEPRIN, IL TAR FA RIAPRIRE L’AZIENDA “ANTICAMORRA” SCAMPATA AL FUOCO DEI CLAN (?) (IL DENARO.IT 19 Marzo 2018)

LA SUA (di Antonio Picascia) AZIENDA, LA CLEPRIN, FU DATA ALLE FIAMME DALLA CAMORRA NEL 2015 (?), NEL CASERTANO DA PERSONE VICINE AI CLAN LOCALI (?), DOPO CHE L’IMPRENDITORE SI ERA OPPOSTO AL PIZZO NETWORK (NETWORK ESPRESSO (Raffaele Sardo CASERTA WEB – 29 Dicembre 2019)

Questa di Sardo è certamente la versione più intrigante della vicenda, perché evidentemente essendo lui più addentro di tutti alla notizia, sa bene che non sono stati i clan direttamente, ma “persone vicine ai clan locali” a dare alle fiamme la CLEPRIN (E che è? Concorso esterno in associazione mafiosa?) Si spera ovviamente che essendo così ben informato, anche meglio della stessa DDA, abbia correttamente fatto i nomi dei colpevoli all’Autorità Giudiziaria. Si spera… Naturalmente la versione della “vicinanza” di Sardo viene subito ripresa, attesa la sua legittimazione, da qualcun altro:

TAR FA RIAPRIRE LA CLEPRIN, AZIENDA ‘ANTICAMORRA’ SCAMPATA AL FUOCO DEI CLAN (?) – La Cleprin fu data alle fiamme nel 2015, quando era ubicata nel comune di Sessa Aurunca. da persone vicine ai clan locali (?). (IL MATTINO.it ì 26 Novembre 2018)

Ma arriviamo al 2019, dopo ben tre anni dall’archiviazione del procedimento per attentato camorristico, ma c’è ancora chi non demorde. Il 29 giugno, alla notizia del rinvenimento di eternit sui capannoni della CLEPRIN, qualcuno, fregandosene ovviamente dell’amianto, lancia lo scoop :

Ricordiamo che Antonio Picascia e il socio Franco Beneduce sono stati costretti a spostare la sede della propria attività di produzione di detergenti (“chimico-biologici”, visto l’utilizzo di materie prime ecocompatibili), dopo un incendio di natura dolosa e quasi sicuramente di matrice camorristica (?) che nel 2015 distrusse il loro stabilimento… (CASALE DI CARINOLA.NET – 21 GIUGNO 2019)

Apprezziamo la finezza di quel “quasi sicuramente”. Arriviamo così al luglio scorso quando appare la fatidica notizia :

Picascia, proprietario della Cleprin incendiata dalla camorra (?) ascoltato in Commissione Antimafia” (Casertanews – 25 Luglio 2019)

Ma perché, ci si chiede, tanta pervicace ostinazione da parte di giornalisti anche professionisti nel voler continuare – contro ogni evidenza – a sostenere la tesi dell’attentato camorristico? Siamo d’accordo, si tratta di un’ipotesi tanto, ma tanto, suggestiva, ma ormai, che piaccia o no, bisognerebbe pure rassegnarsi: la giustizia l’ha definitivamente archiviata  e poi un professionista dovrebbe valutare i fatti e non farsi affascinare dalle suggestioni, altrimenti che differenza ci sarebbe tra lui e l’omino del bar di cui sopra?

Si può forse capire (ma non certamente accettare) che sul momento l’urgenza di sapere tutto e subito, senza darsi il tempo di riflettere possa far sì che le agenzie di stampa pubblichino notizie non verificate: perché non c’è tempo, perchè bisogna cavalcare l’onda dei like e delle condivisioni. Tanto, al limite, poi, si può sempre smentire tutto dando la colpa ad internet.

Ma ovviamente anche questo è un assurdo. Dare la colpa delle notizie false, che un giornalista professionista ha scelto di utilizzare, alla fonte è infantile e insensato: nessun giornalista sano di mente dopo una conversazione con sconosciuti o conoscenti al bar trascriverebbe i loro discorsi come veri e fondati. Nessuno scriverebbe in un articolo che Babbo Natale esiste perché lo ha sentito dire a casa dai bambini, salvo poi dare la colpa ai bambini. Nessuno scriverebbe in un articolo che il Duce è vivo per averlo letto scritto su un muro, salvo poi dare la colpa al muro.

 Il muro e i bambini sono irresponsabili, il giornalista è doppiamente responsabile: perché ha superato un esame professionale e perché viene pagato proprio per distinguersi da uno che scrive sui muri che il Duce è vivo. Se no, la differenza qual è?

 Ma nel caso CLEPRIN il problema della verifica delle fonti è ampiamente superato perché gli stessi giornali o blog, come visto, avevano già pubblicato la notizia dell’inesistenza della matrice camorristica dell’incendio. Quindi non può proprio parlarsi di SUPERFICIALITÀ. L’ipotesi sembra francamente più articolata e grave : ai fatti (cioè l’archiviazione) si continua a preferire la suggestione (ovvero la tesi dell’attentato camorristico). Tutto ciò però ha un nome preciso: DISINFORMAZIONE. Ma c’è di più perché quando la disinformazione consapevole genera effetti nei confronti di un’azienda e dei suoi titolari oggetto di un procedimento penale, rischia di trasformarsi ancora in qual cosa altro: UN REATO.  Quando la disinformazione è così studiata e perfetta, allora siamo davanti a un potere forte. E questo è il suo marchio.

Ma l’informazione è un diritto, non un potere. Non dimentichiamocelo mai. Mi piace chiudere questo servizio – così come ho fatto in apertura – con una citazione del maestro del giornalismo americano: ”Esprimi il tuo pensiero in modo conciso perché sia letto, in modo chiaro perché sia capito, in modo pittoresco perché sia ricordato e, soprattutto, in modo esatto perché i lettori siano guidati dalla sua luce”.