Scandalo a Teheran: un tè all’ex sindaco che uccise la moglie

È iniziato ieri il processo a Mohammad Ali Najafi, già sindaco della capitale iraniana: ha sparato alla moglie. La polizia giudiziaria gli offre il té. Sui social: «È un privilegiato»

Un’ex attrice di 35 anni uccisa a colpi di pistola nel bagno del suo lussuoso appartamento di Teheran. L’assassino: il marito 67enne, ex sindaco della capitale iraniana, laureato in America e possibile candidato «riformista» alla presidenza, che l’aveva presa come seconda moglie in un matrimonio poligamo. È iniziato ieri il processo a Mohammad Ali Najafi dopo il delitto che lo scorso maggio ha scandalizzato Teheran, non solo per la brutalità e misoginia del caso ma anche per come è stato gestito dalle autorità e dai media locali.

Cinque colpi di pistola: uno al cuore della vittima, Mitra Ostad, un altro al braccio e tre contro il muro del bagno. Sparatorie del genere sono rare in Iran, anche se non lo è la violenza domestica. Najafi ha confessato: dopo il delitto è scomparso per sette ore, poi si è presentato in stazione di polizia. Molti iraniani hanno espresso rabbia vedendo com’è stato accolto dagli agenti: strette di mano, una tazza di té. Poi, comodo sul sofà, rilassato, ha raccontato quanto fosse «difficile» quella donna. Ha ammesso che è stato un «errore», ma senza mostrare particolare contrizione.

La rabbia, espressa da alcuni sui social, è legata alle evidenti diseguaglianze in un Paese in cui i problemi economici sono ora inaspriti dalle sanzioni americane. Molti vi hanno visto un esempio di come esista una legge che vale per l’élite e un’altra che si applica per il resto della popolazione e come i cosiddetti politici riformisti — che si presentano più moderati nell’approccio alle libertà sociali, inclusi i diritti delle donne — non sono poi così diversi dagli ultraconservatori.

C’è però anche una seconda reazione, soprattutto da parte di chi simpatizza con i riformisti: questi ultimi sottolineano che il caso è stato chiaramente «pompato» dai media di Stato. La gente — cosa del tutto insolita — ha potuto vedere in tv il video di Najafi che incontra la polizia e poi le sue interviste con i reporter il giorno dopo l’omicidio e prima ancora dell’incriminazione. C’era persino un presentatore che svuotava (senza guanti) il caricatore dell’arma del delitto per verificare il numero dei colpi esplosi. In un Paese in cui nessuno si fida delle «versioni ufficiali», alcuni sostengono insomma che c’è dietro un complotto: una vendetta dei conservatori contro i riformisti, insomma giochi politici tra le due anime del regime iraniano.

Nel 2017, quando Najafi, che è stato anche vicepresidente e ministro dell’Istruzione, venne eletto sindaco di Teheran, fu la prima volta in 14 anni che i riformisti riuscivano a strappare la capitale ai conservatori. E lui denunciò la scarsa trasparenza degli appalti concessi per opere pubbliche dal suo predecessore Mohammad Qalibaf, ex comandante dei Guardiani della Rivoluzione, tolse contratti ad aziende affiliate con i rivali, e c’è chi dice che i conservatori abbiano fatto di tutto per toglierselo di mezzo. È possibile che la comparsa dell’attrice nella sua vita sia stata una «trappola al miele», orchestrata per distruggere la sua reputazione? Certo è che, dopo sei mesi, Najafi si è dimesso per «motivi personali». Sono emerse le foto della sua relazione extraconiugale con Mitra, e lui l’ha presa in moglie. La poligamia è legale, ma vista con disapprovazione nei ceti urbani che votano per i riformisti.

Najafi ha continuato a vivere con la prima moglie e i figli, andando a far visita alla seconda all’occorrenza. Ora dice di aver scoperto che l’attrice aveva rivelato (via WhatsApp) le loro conversazioni all’intelligence, grida al complotto. Sostiene anche di aver cercato di lasciarla, ma lei non voleva (però per un uomo è piuttosto semplice ottenere il divorzio). Nel giorno del delitto che voleva solo «spaventarla» con quella pistola, e però lei — presa dal panico — gli sarebbe saltata addosso. Così sarebbero partiti i colpi fatali.

La madre di Mitra chiede la pena capitale, ma Najafi può scampare alla forca, se la famiglia di lei deciderà di optare per una somma in denaro in cambio del perdono. Quanto alla verità, ognuno continuerà a credere alla sua.

Fonte: Corriere della Sera on line di Viviana Mazza