La Radio che dà fastidio

(di Stelio W. Venceslai)

            Radio radicale sta per chiudere.

            Come Radio libera, ha dato fastidio a tutti. Non raccontava neppure la verità. Si limitava a diffondere ciò che accadeva: le insulsaggini, le sparate, le messe in scena, i grandi discorsi, le piccole astuzie. Lo specchio di un Paese che traveste da politico l’inutile, l’illogico, lo sperpero e la corruzione.

            C’erano tutti, di destra, di sinistra, di centro. Raccontava quello che dicevano, le false promesse, le minacciose intemerate, i discorsi sconnessi. La fiera delle vanità presuntuose di un popolo di beoti, attratti dal potere o dalla voglia di avere potere.

            È giusto che sia soppresso il finanziamento pubblico alla Radio. Oltre al danno (pagare), anche la beffa (essere ascoltati).

            Non abbiamo una radio libera. Sono tutte comprate o dipendenti da qualcuno. Sono espressioni del potere dei privati e, in taluni casi dei poteri maggiori (la Confindustria, con il Sole 24Ore e Radio 24) e la RAI, appannaggio del Governo.

            L’unica radio veramente libera era Radio radicale. Purtroppo, per essere liberi, occorre qualcuno che paghi, in questo caso lo Stato. Pretendere che lo Stato sputtani se stesso con i soldi pubblici è un paradosso. È giusto chiuderla. Le ombre di Bordin (il grande commentatore radiofonico dei giornali del mattino) e di Pannella, si rivoltano nella tomba. La libertà è finita, anche se pagata con i soldi del contribuente. Non si può essere liberi.

 

            In cambio abbiamo la RAI, con i suoi servizi spesso inutili, edulcorati e teleguidati, oppure Radio 24, con le sue becerate da trivio e i suoi servizi finanziari (eccellenti). Ciò che serve a chi ha i quattrini e al popolo bruto (panem et circenses).

            Il potere non ammette critiche se non dall’opposizione parlamentare, e solo in parte. Il potere non ammette neppure che si riportino i discorsi, non corretti e non filtrati da sagge mani manipolatrici. Il potere schiaccia la libertà degli altri, espressione, fra l’altro, della maggioranza dei cittadini.

            Radio radicale ha fatto molte battaglie, talune inutili, talune marginali, quasi tutte a favore delle minoranze di pensiero, anche per gli emarginati dal codice penale, per gli abortisti, per il diritto alla morte, per i diseredati da una bandiera politica accettabile.

            Troppo pericoloso. Faceva pensare. In un Paese serio come il nostro, dove è in atto un cambiamento politico epocale, non si può tollerare chi, pensando, mette a nudo il potere e sfronda la retorica del cambiamento del sistema nel nulla di nuovo. Come può cambiare, se è nudo? Che stracci può indossare? Solo quelli dell’intolleranza.

            Stupisce che questo governo giallo-verde, così innovatore, sia concorde, una volta tanto, sull’opportunità di risparmiare qualche centinaio di migliaia di euro. Il rigore, si sa, non guarda in faccia a nessuno. Si può essere flessibili con chi espone il modesto, sciocco, irritante livello culturale del nostro potere? No, va punita la libertà.

            Dispiace costatare che per decenni, qualunque colore vi fosse al potere, Radio radicale ha continuato indisturbata a trasmettere i suoi programmi. Dovevamo aspettare il ”cambiamento”, il governo del millennio discorde, per sopprimere una voce libera? È un pessimo avvio.

            Su ben altri aspetti dell’informazione un governo serio dovrebbe usare il bisturi del chirurgo.

            La chiusura di Radio radicale comporta la messa sul lastrico dei suoi dipendenti, la perdita o la messa in soffitta dell’immenso patrimonio storico-informativo che si è accumulato nei suoi archivi in questi decenni: la storia dei fatti nostrani criticamente esposta, giorno per giorno, dall’impareggiabile Bordin, le corrispondenze preziose dalla Cina, dal Medio Oriente, dai Balcani, dall’America Latina.

            I soldi li buttiamo nella fornace delle insolvenze bancarie, nell’ormai trentennale deficit gestionale dell’Alitalia, nella RAITV per finanziare sciocchi quiz, ballate con noi e altre stupidaggini inganna-gonzi, ma per le cose serie, che possono avere un impatto politico, perché neutre (e, cioè, non di regime) no, bisogna risparmiare.

            Non sarebbe meglio, ad esempio, curare il nostro incredibile ritardo nell’utilizzare i fondi dell’Unione europea oppure ramazzare le spese inutili di molte Regioni italiane? Non c’è un ordine di priorità fra le cose importanti da fare e da riassettare?

            È ben vero che il governo sembra che vada alla carlona, brancolando un po’ a destra, un po’ a sinistra, un po’ stando fermo al centro, come un ubriaco perplesso sulla strada da prendere per tornare a casa, ma di tutte le non sempre lodevoli iniziative questa del blocco dei finanziamenti a Radio radicale è tanto sciocca quanto irritante.

Roma, 17/05/2019