LE RAGIONI DEL BOIA IL NUOVO LIBRO DI GIUSEPPE GAROFALO

Alla Terza Età non si sono persi d’animo! Si sono prodigati in tre, per sopperire alla improvvisa defaillance dell’Illustre ospite… ma nonostante ogni sforzo non hanno potuto colmare il vuoto…

 

 

Era prevista l’altro giorno, una “lectio magistralis”, sui 200 anni della istituzione del Tribunale di Terra di Lavoro,  presso la Università della Terza Età di Santa Maria Capua Vetere,  da parte del noto penalista, scrittore e storico, Giuseppe Garofalo ma per un impedimento non ha potuto prendere parte alla lezione.

Alla Terza Età non si sono persi d’animo! Si sono prodigati in tre, per sopperire alla improvvisa defaillance dell’Illustre ospite… ma nonostante ogni sforzo non hanno potuto colmare il vuoto…

Certo, il sapere di Garofalo è immenso ma i tre “moschettieri” ce l’hanno messa tutta!

Il Presidente, Bartolomeo Valentino, il direttore dei corsi, Gennaro Stanislao e Ferdinando Terlizzi, addetto stampa, hanno intrattenuto i soci illustrando i tre precedenti libri pubblicati dall’Illustre Autore: LA SECONDA GUERRA NAPOLETANA ALLA CAMORRA, TEATRO DI GIUSTIZIA E L’EMPIA BILANCIA.

Terlizzi, addirittura, ha anticipato una sintesi del nuovo lavoro che sarà pubblicato per i tipi di Tullio Pironti a breve: LE RAGIONI DEL BOIA.

 

Il titolo – ha spiegato Terlizzi – trae origine dalle giustificazioni addotte dal boia contro l’accusa di poco rispetto per i giustiziati mossegli dall’Avvocato protagonista del libro, nella sua qualità di Avvocato dei poveri della Vicaria.

 

La trama riguarda, invece, le vicissitudini di un noto avvocato napoletano che racconta le Giustizie succedutesi dal 1794 al 1809, da lui vissute come difensore degli accusati per circa quattro anni davanti alla Gran Corte della Vicaria nella qualità di Avvocato dei poveri.

Le Giustizie erano l’antigiacobina, la rivoluzionaria, la controrivoluzionaria, la bonapartista, la murattiana; provviste, ciascuna, da organi e regole procedurali proprie quali: le Giunte dei rei di Stato, i Consigli di guerra, le Commissioni ordinarie e straordinarie, il Tribunale rivoluzionario, i Quattro Tribunali straordinari.

 

Nel corso del racconto sono citati alcune clamorosi processi delle epoche: Il primo processo è contro uno sbirro accusato di porto d’armi. Condannato e fucilato entro le mura di Castelnuovo. Il secondo contro dieci cittadini di Torre del Greco accusati di avere aggredito e derubato un giacobino. Condannati a morte e giustiziati.

 

Il terzo narra le vicende di un   prete processato per avere gridato “Viva Ferdinando e Carolina”. Il quarto processo contro Agostino Mosca per mancato regicidio di Giuseppe Bonaparte. Giudicato e condannato, fu impiccato ubriaco.

Il quinto processo contro il Generale Borbonico Gianbattista Rodio, accusato di avere istigato le popolazioni a sollevarsi contro le truppe francesi. Assolto dalla Commissione Militare, su ordine del Generale Massena, la stessa Commissione, lo stesso giorno, lo riprocessò e condannò a morte. Fu fucilato il giorno dopo.

 

Il sesto riguarda il noto e storico processo contro Viscardi per l’attentato dinamitardo contro il Ministro di Polizia Cristofaro Saliceti, con il conseguente crollo dell’abitazione, la morte di un domestico, una ferita con sfregio al volto del Ministro, lesioni gravi alla figlia e al marito, finiti sotto le macerie.

Il processo, celebrato a Napoli, dal Tribunale Straordinario aveva una caratteristica ripugnante: per salvare la propria testa, il vecchio Onofrio Viscardi accusò i figli dell’attentato. A tanto vi era stato indotto da Pietro Colletta, il futuro autore della storia del Reame di Napoli, componente del Tribunale e Relatore del processo.

 

A rappresentare l’accusa privata il patriota Giuseppe Poerio, già condannato a morte e poi mutata la pena in ergastolo.  L’Avvocato protagonista del libro, difensore con Nicola Nicolini, di alcuni imputati, denunziò l’illegalità del processo, le violenze della polizia, i rapporti personali tra il Giudice Colletta e il Ministro Saliceti, parte offesa. Gli accusati, condannati, furono impiccati a Piazza Mercato. Qualche anno dopo fu provata l’innocenza degli accusati e Colletta, il giudice, dovette prenderne atto.

 

Il settimo processo è contro l’Avvocato protagonista e altri per corrispondenza col nemico, cioè Maria Carolina: trattandosi di reato attinente la sicurezza dello Stato, il processo fu di competenza della Commissione Militare sedente all’epoca in Capua. Il processo era nato per volere di Cristofaro Saliceti ma osteggiato dal Re Gioacchino Murat il quale lasciò liberi i giudici di decidere, ma ordinò di non eseguire le sentenze perché era sua intenzione concedere la grazia.

 

In quel processo si verificò una situazione anomala: tra gli imputati (in tutto trentuno) vi era Orsola Baccher, sorella di Antonio e Gerardo, fucilati nel 1799 dai Repubblicani per congiura. Componente del Tribunale e relatore del processo era colui che aveva comandato il plotone di esecuzione dei fratelli Baccher. Per di più, presidente della Commissione era Pietro Ruggi d’Aragona che, a sua volta, aveva avuto due fratelli, Antonio e Ferdinando, giustiziati dai Monarchici. Conclusione: sette condanne a morte, assoluzione dell’Avvocato.

Infine: a meno di un mese dalla sentenza, morte da veleno di Saliceti. Era stato a pranzo da un amico consigliere di Murat e agente segreto della Regina Maria Carolina.