Il parere di un esperto

LA CERNIERA EUROPEA

(di Diplomaticus)

 

La guerra civile ucraina in questo momento è a Mariupol, una città portuale sul Mar Nero, ancora nelle mani dell’Ucraina. Mariupol, tra l’altro, è il più importante centro siderurgico del Paese.

 

Prima della 1° guerra mondiale, l’Ucraina era spartita fra due grandi imperi, quello austro-ungarico (Galizia e Lodomiria, con Leopoli) e quello zarista (Volinia e Podolia). Con la rivoluzione russa e la dissoluzione di questi imperi, l’Ucraina cercò di proclamarsi indipendente. Il Trattato di Riga (1921), che concluse la guerra polacco-sovietica, assegnò la Galizia e la Volinia alla Polonia e il resto del Paese all’Unione sovietica. I territori di lingua rutena già facenti parte dell’impero austro-ungarico, dopo l’esperienza effimera di varie piccole repubbliche indipendenti, furono suddivisi fra Polonia, Cecoslovacchia e Romania (questi territori tornarono all’Ucraina e, quindi, all’Unione Sovietica, solo dopo la 2° guerra mondiale).

Nel 1922, infatti, l’Ucraina entrò ufficialmente a far parte dell’Unione Sovietica come Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, anche se si protrasse a lungo una guerriglia nazionalista anti-russa. Sotto Stalin l’Ucraina soffrì enormemente a causa della politica di collettivizzazione forzata che portò ad una radicale requisizione alimentare voluta da Mosca.        Quel periodo, commemorato ogni anno dallo Stato ucraino come il giorno di Holodomor, causò circa dieci milioni di morti, la maggior parte per fame, al punto che si ebbero addirittura molti casi di cannibalismo.

Quando, tra il 1941 e il 1944, la Germania di Hitler attaccò la Russia sovietica, gli Ucraini accolsero come liberatore l’esercito tedesco. Ben 30.000 Ucraini si arruolarono nelle Waffen SS in funzione antibolscevica e antirussa. In questo contesto si inserì anche l’attività nazionalista e indipendentista dell’Esercito insurrezionale ucraino contro l’Armata Rossa.

Dopo la guerra, riassorbita l’Ucraina nell’URSS, morto Stalin e salito al potere Krusciov, che era di origine ucraina, questi nel 1954 assegnò all’Ucraina la Crimea, che faceva parte della Federazione russa, nel corso dei festeggiamenti per il 300° anniversario dell’amicizia russo-ucraina, un’operazione meramente amministrativa che divenne politica a seguito della dissoluzione dell’Unione sovietica, nel 1990.

L’Ucraina, infatti, si affrettò a proclamare la propria indipendenza, come quasi tutti gli altri Paesi già facenti parte dell’URSS. I rapporti con la Russia si fecero subito molto tesi, dovendosi risolvere la questione degli armamenti nucleari sovietici sul territorio ucraino e quella della libertà di movimento della flotta russa nel Mar Nero, ancorata a Sebastopoli.

Oggi l’Ucraina è una spina dolorosa al fianco dell’Unione europea. Oscillante fra il desiderio di essere realmente europea, entrando a far parte dell’Unione europea, e antiche nostalgie filo-russe, alimentate dagli interessi strategici di Putin, di fatto ha conosciuto una serie di alternanze governative fra gli oppositori e i fautori dell’entrata dell’Ukraina nella NATO e nell’Unione.

Mosca ha alimentato le spinte secessioniste della Crimea, che nel 2014 si è staccata da Kiev, ha proclamato la propria indipendenza ed è entrata a far parte della Federazione russa. Ovviamente, il governo di Kiev e la Comunità internazionale non hanno legittimato tale operazione e di qui le note sanzioni economiche nei confronti della Russia.

Sull’esempio della Crimea, altre due regioni orientali ucraine russofone, sostenute da un’insurrezione e da “volontari” russi (è in corso un cessate il fuoco perennemente violato nella ormai lunga guerra civile che ne è derivata), con un referendum locale hanno proclamato la loro secessione dall’Ucraina, con l’intento sottostante di associarsi alla Federazione russa (il 6 aprile 2014 si sono costituite due repubbliche, proclamatesi indipendenti: la Repubblica popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk).          Queste nuove repubbliche non sono state riconosciute dal governo ucraino che ha già perduto la Crimea e il controllo territoriale di gran parte delle regioni orientali ucraine (il Donbass). L’esercito ucraino e quello delle repubbliche del Donbass, integrate da “volontari” russi e mercenari vari, si fronteggiano da anni in una situazione di guerra strisciante.

Non c’è ancora una definizione di questa situazione perché gli appetiti di Putin rischiano di provocare una guerra con gli altri Paesi dell’Est europeo, già membri dell’URSS ed ora indipendenti e membri della NATO e dell’Unione europea (Polonia, i Paesi Baltici, Romania e Bulgaria, Slovacchia e Repubblica Ceca). Inoltre la Germania è ostile ad una vicinanza eccessiva dell’esercito russo così come gli Stati Uniti, protettori, di fatto, della Polonia (o almeno così credono i Polacchi) e contrari a qualunque altra espansione russa in Occidente.

La guerra civile ucraina in questo momento è a Mariupol, una città portuale sul Mar Nero, ancora nelle mani dell’Ucraina. Mariupol, tra l’altro, è il più importante centro siderurgico del Paese.

La politica russa, pur essendo molto cauta, tende a creare una specie di cerniera di sicurezza attorno alla Federazione russa. Tutto ciò sembrerebbe molto lontano dagli interessi europei ma, purtroppo, non è così.

Gli Stati Uniti vorrebbero stabilire una loro base navale a Mariupol, forse una base NATO, un’ipotesi avversata decisamente da Putin che, per il tramite delle due repubbliche secessioniste, mira a impadronirsi della città e ad escludere qualunque possibile presenza americana nella regione.

In linea teorica, l’Ucraina può fare quel che vuole del suo territorio, affittando una base navale agli Americani, ma le ragioni di Putin sono altrettanto incontrovertibili. Assorbita la Crimea e nella posizione di stallo esistente con le due repubbliche secessioniste del Donbass, una stabile presenza americana nel Mar Nero sarebbe inaccettabile per la Russia.

Se il nuovo governo ucraino dovesse orientarsi in senso filo-europeo e filo-americano, la pressione russa sulle regioni orientali ucraine diventerebbe sempre più forte e la guerra attualmente latente riprenderebbe con violenza. L’esercito ucraino non potrebbe d’altronde opporsi validamente alle pressioni militari russe se non fosse assistito dagli Americani.

D’altro canto, la perdita definitiva di Mariupol e delle regioni orientali ucraine significherebbe una sconfitta per l’Ucraina, con la perdita di una parte consistente del suo territorio e un avanzamento della cerniera russa, stabilendo un precedente negativo per tutti i Paesi orientali europei già facenti parte dell’Unione sovietica. In altri termini, attorno a Mariupol si sta combattendo una battaglia che ha implicazioni ben più importanti della città stessa.

In un certo senso, finché l’Ucraina resta in bilico fra Oriente e Occidente, in una posizione di stallo, potrebbe non succedere nulla. Una sua definitiva propensione per l’una o per l’altra parte determinerebbe un notevole cambiamento negli attuali equilibri europei.            Sarebbe in gioco la credibilità del sistema difensivo della NATO, dell’Europa comunitaria e, infine, degli stessi Stati Uniti sullo scacchiere europeo, non più palesemente garanti degli assetti politici attuali.

 

Roma, 04/05/2019