Il caso Saviano – Capacchione nel processo a Roma…

Minacce inventate, interpretazioni dilatate dalla voglia di protagonismo dei pubblici ministeri tutti protesi verso l’effetto Barnum. Ma dove arriva il parossismo degli inquirenti è presto detto: ritenere minacce con il metodo mafioso contro due avvocati che leggono in pubblica udienza una istanza per spostare il processo per legittima suspicione.

Da dove nasce l’aggravante del metodo mafioso???

 Dalla citazione nella missiva letta di un boss del clan dei casalesi (il quale ha sempre dichiarato di non conoscere alcunchè della vicenda) –

Questa accusa – secondo me – è aria fritta e serve a dare spazio ad un tipo di giornalismo falsato, estorto e pilotato “usum delfini”.

Il rappresentante della pubblica accusa non dice – per esempio – che Saviano è stato più volte condannato per diffamazione e finanche per plagio per aver copiato  articoli di giornali di Caserta?

Il piemme non dice che alla Procura di Santa Maria Capua Vetere, all’epoca della Capacchione, non si muoveva foglia se non prima di riferirlo a lei?

La giustizia in Italia – come ha detto qualcuno – ha l’onore delle puttane… ma Gennaro Marciano, grande avvocato napoletano non aveva dubbi: nella sua poesia “La Dea Giustizia” affermò senza fronzoli: La giustizia è una gran puttana.

Salvatore Ceci, anarchico sammaritano – in Corte di Assise  – fece di meglio e di più: “Puttana è la giustizia e prostituto chi l’amministra!”.

Un’ultima considerazione. La parte civile ( non già la giustizia – cioè il Ministero della Giustizia ) – bensì la Federazione della Stampa. Per quanto possa io ricordare Saviano non era all’epoca giornalista e non era iscritto all’ordine. La Capacchione è in pensione.

 QUESTO IL DISPACCIO DELL’AGENZIA ADNKRONOS

Minacce a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione, la procura di Roma chiede tre condanne. Un anno e mezzo per il boss Francesco Bidognetti e gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello: questa la richiesta avanzata dal pm nell’ultima udienza. La vicenda è quella del ‘proclama’ letto in occasione del processo Spartacus, nel 2008, a Napoli. La Fnsi è parte civile, assistita dall’avvocato Giulio Vasaturo.

Condannare a un anno e mezzo il boss del clan dei Casalesi Francesco Bidognetti e gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello. È questa la richiesta del pm Alberto Galanti nel processo in corso a Roma per le minacce rivolte in aula durante il processo di appello ‘Spartacus’ a Napoli, nel 2008, alla giornalista Rosaria Capacchione e allo scrittore Roberto Saviano. L’accusa è minacce aggravate dal metodo mafioso.

«Rosaria Capacchione è stata una spina nel fianco dei clan dei Casalesi e Roberto Saviano con il suo libro ‘Gomorra’ ha acceso i fari sulla provincia di Caserta: questo per una consorteria mafiosa – ha detto nella requisitoria il pm Galanti – è un colpo al cuore. Entrambi erano da considerare nemici giurati del clan dei Casalesi».

Come parte civile sono presenti la Federazione nazionale della Stampa italiana, rappresentata dall’avvocato Giulio Vasaturo, e l’Ordine dei giornalisti della Campania. Quattro anni fa era stata dichiarata nulla la sentenza di primo grado dalla Corte di Appello di Napoli per incompetenza territoriale e il procedimento è stato trasferito a Roma. (Adnkronos)